Rita Levi-Montalcini ci ha lasciato oggi nella sua casa a Roma, a 103 anni dalla sua nascita. La vita di Rita é stata difficile, ha vissuto le leggi razziali fasciste ma ha conosciuto anche la gloria con le proprie ricerche negli Stati Uniti. La passione per la medicina e la caratura da scienziata le hanno permesso di fare scoperte eccezionali osservando la crescita dei tessuti nervosi.
Il Nobel del 1986 é stato un grandissimo onore ma non certo l’unico riconoscimento. Nel 2001 é stata inoltre nominata senatrice a vita e oltre alla ricerca ha dedicato una gran parte della sua vita alla promozione della cultura scientifica, avendo a cuore i giovani e impegnandosi con conferenze, attivitá in fondazioni e molto altro.
La vita di questa donna é avvincente e riempie di orgoglio. Infatti non solo le donne devono ammirare Rita, che ha contribuito moltissimo al miglioramento delle condizioni di tutte loro nella societá, ma anche tutta la collettività per aver portato avanti la tradizione scientifica del nostro paese e aver difeso principi sacrosanti e condivisi da molte persone nel mondo. Un grazie di cuore da parte di tutti noi a questa grande donna che, alla fine, é stata la nonna di tutti gli italiani.
Dopo aver parlato del restauro del Ponte di Rialto da parte di Diesel, oggi parliamo di un altro intervento finanziato da un privato. Gli indigeni e molti forestieri conoscono bene le sale di Palazzo Reale, chi perchè è un assiduo frequentatore di mostre o chi perchè le ha scoperte recentemente visitando la mostraCostantino 313 D.C. o quella di Picasso.
Ebbene, la Sala degli Arazzi al primo piano verrà riallestita da Dolce&Gabbana entro il 31 maggio 2013. Il progetto prevede di trasformare la sala, oggi poco fruibile dal pubblico, in una zona living. Perdonatemi l’inglesismo, ma rende bene l’idea di come sarà allestita: aree di lettura e libreria dedicata all’arte. Dall’azienda verranno donati anche i materiali per l’allestimento e l’arredamento.
Ma li conosciamo davvero i due di Dolce&Gabbana? Quanto deve Milano a Domenico Dolce e Stefano Gabbana? La fondazione avviene nel 1985 a Legnano ma il sarto e il grafico decidono presto di trasferirsi a Milano, una delle capitali mondiali della moda. Da quel momento in poi tra sfilate e boutique aperte in tutto il mondo, D&G è diventato un marchio conosciuto a livello globale, oltre ad essere una delle tante firme di spicco del mondo della moda milanese. Nel 2011 il gruppo ha fatturato più di 1 miliardo di euro e non ha conosciuto crisi.
L’azienda quindi deve molto alla città e viceversa, per questo D&G ha deciso di restituire un po della ricchezza che è riuscita a ottenere. Investendo nella cultura e rendendo fruibile una sala del Palazzo neoclassico più famoso di Milano, Dolce e Gabbana si aggiunge alla lista delle grandi firme che riportano alla collettività ciò che le appartiene, ma in forma decorosa.
Le Langhe, area storica all’interno del Piemonte, si dirama in verdi colline delimitate da Cuneo a Sud e Asti a Nord in un susseguirsi di vigneti, antichi castelli e borghi medievali. La Storia ha a lungo avuto come scenario quest’incantevole regione, dall’invasione dei Galli nell’età dell’Antica Roma, alle grandi lotte del Risorgimento fino allo spopolamento a causa dell’industrializzazione di massa postbellica. Le Langhe hanno conosciuto la miseria e la povertà, una volta era terra di contadini di una campagna sottolsviluppata. Tuttavia quest’area ha conosciuto anche le altezze e s’è guadagnata una tra le più grandi onoreficenze per una regione italiana: diventare la guida per la produzione di grandi vini.
Dal dopoguerra questa importantissima bevanda che ha plasmato, nutrito e fatto sognare i popoli del mediterraneo e nei secoli recenti anche il mondo, ha trasformato questa regione in una suggestiva fabbrica del nettare degli dei. Il grande Camillo Benso, alloggiando nel castello medievale della sua Grinzane Cavour, si è dedicato alla coltivazione della vite e al miglioramento delle qualità organolettiche del proprio prodotto. Questa passione per la vite lo ha accompagnato durante tutta la sua vita, e lo ha portato a fare scoperte importanti nel campo dell’agricoltura che sono state successivamente adottate a livello nazionale. L’Associazione Agraria, nata nel 1842, avrà tra le sue fila questo capace politico.
Le Langhe tuttavia non devono la propria fortuna solo al vino. Negli anni passati sono state restaurate e riaperte antiche cascine, trasformandole in agriturismi. I borghi disseminati sulle dolci colline offrono ristoro e delizie per gli occhi: son capeggiati da castelli signorili, simboli di antiche casate e famiglie proprietarie di terreni. Questi piccoli promontori si aprono verso nord e si scorge Alba, adagiata sulla sponda meridionale del Tanaro, il vero centro economico delle Langhe. Qui si producono vini ma si vende anche il tartufo, il “fungo” che insaporisce risotti e molte altre pietanze con il suo sapore unico. Anche questo elemento ha plasmato le genti del posto ma non solo: cani e maiali sono stati addestrati per scovare il prezioso alimento. É possibile assaggiare ogni tipo di tartufo, da quello nero a quello bianco, e una volta provato non si dimentica più.
Oggi si può sorseggiare un buon Barolo o un Dolcetto d’Alba meditando su questi luoghi incantati, frutto di una non troppo recente riscoperta e di una grande valorizzazione. Questa modesta parte del Piemonte, i cui paesaggi sono i protagonisti di una candidatura all’UNESCO, costituisce una parte non indifferente della ricchezza regionale. Conosciamo molte altre province italiane con grandi potenzialità e, forse per una seconda volta, il Piemonte può diventare una guida. Ma, in questa circostanza, per una migliore gestione della cultura nazionale.
Pochi poeti riescono a rendere trasparente l’animo umano e le energie tumultuose che lo agitano nei momenti di grande intensità emotiva.
Il grande Foscolo ci dona questo sonetto e ci fa assaporare la placidità della sera, la fine dell’esistenza, di fronte alla lotta dei profondi sentimenti. L’azione distensiva, quasi ultraterrena, del vespro.
Vittorio Gassman nobilita il componimento con questa lettura, e l’unione dei due ci regala un’opera di rara bellezza.
Tanti auguri di Buon Natale a tutti i lettori di Italiaiocisono! Ho iniziato questa avventura il 14 novembre, e in poco più di un mese voi lettori avete dato lustro a questo blog decidendo di accompagnarmi. Ad oggi siete 213, un risultato allora insperato e inconcepibile. I temi che affrontiamo assieme ci appassionano e siamo sempre più attenti alla valorizzazione dei beni materiali e immateriali che ci circondano.
L’iscrizione va ben oltre la mera pressione di un pulsante colorato, rappresenta infatti l’adesione ad un manifesto che chiede più cultura, più fondi, più qualità. E’ un vero viaggio in un luogo poco visibile e spesso poco conosciuto. Questa fame accompagna anche gli italiani che prestano il proprio ingegno ad altre nazioni, infatti Italiaiocisono riceve visite regolari dagli USA, Belgio, Slovacchia, India e molti altri paesi. Un grazie sentito a tutti voi, e ancora Buon Natale!
Natale? Cos’è il Natale? La nascita di Gesù a Betlemme? In realtà molti storici dal novecento in poi hanno incominciato a dubitare su questa data, e si fa sempre più strada l’ipotesi che il Natale abbia un’origine molto più terrena, più antica e forse più interessante. Le feste che hanno avuto origine post cristum mortem sono oggettivamente poche. Questo viene spiegato con motivazioni sociopolitiche: la necessità del cristianesimo di eradicare il paganesimo e infondere la nuova religione nei popoli di fine Impero. Se non puoi batterli, unisciti a loro. Questo è ciò che deve aver pensato qualche importante predicatore alle origini, infatti oggi ci troviamo con l’Epifania, la Pasqua, il culto dei Santi, il Carnevale e molte altre celebrazioni la cui origine è pagana. Il Natale non è da meno, e sembra essere l’assorbimento di una celebrazione romana legata al Sol Invictus, istituito nel 274 d.c. dall’imperatore Aureliano. Tutto questo colpisce l’immaginazione, ma forse quello che alcuni studiosi propongono è ancora più intrigante.
Yaldā è una antichissima festa persiana che ricorre nel giorno del solstizio d’Inverno, quindi 4 giorni prima di Natale. Il nome significa “la nascita” e si festeggia nella notte più lunga dell’anno, in quanto il buio era associato al regno di Ahriman, il dio della cattiveria, e ai demoni. A queste terribili creature si contrapponeva una tavola imbandita di ogni genere di pietanze dando priorità alla frutta fresca e secca. Yaldā è stata abolita dall’avvento dell’Islam in Persia in seguito alla caduta dell’impero Sasanide. L’Islam ha bandito lo Zoroastrismo e le proprie celebrazioni, ma siamo nel 651 d.c., cioè più di mezzo millennio dopo Cristo. Abbastanza per lo sconfinamento dei seguaci dell’antica religione persiana. Una semplice coincidenza, una speculazione? Non sappiamo, ma l’ipotesi è affascinante.
Tuttavia siamo andati troppo in là con la mente. Le origini saranno meno conosciute ma noi ci consoliamo con tutto ciò che questa celebrazione ha ispirato negli artisti nostrani nei secoli passati. Siamo nel 1714 quando Arcangelo Corelli, geniale compositore barocco di Fusignano, compone il Concerto Grosso “Fatto per la Notte di Natale”. Con quest’opera vi lascio e vi auguro ancora una buona giornata da passare con famiglia o con gli affetti personali, a scelta. Una sola raccomandazione personale che son sicuro non trasgredirete: mangiate tanto e bene perchè la celebrazione della cultura, in un paese come il nostro, comincia dalla tavola.
Oggi apriamo la sezione dei siti UNESCO italiani non solo per la bellezza, l’importanza storica e culturale ma anche perchè con un totale di 47 siamo il paese che ha più siti riconosciuti: l’onere e l’onore di essere un riferimento mondiale per la cultura. E un meccanismo di protezione in più, visto che molti altri siti non salvaguardati cadono a pezzi. Forse una consapevolezza maggiore può aiutare a preservare le tante opere d’arte che abbiamo donato all’umanità.
Tutti odiamo la moneta da un centesimo. Quando ci viene data come resto di un prodotto comprato a *.99 non sappiamo cosa farcene, e subito pensiamo a come sbolognarla. Ci siamo abituati a guardare distrattamente questa moneta e raramente la osserviamo con curiosità. Si può distinguere quello che ricorda un fortino compatto e regolare.
Parliamo di Castel del Monte, un edificio la cui funzione non è ancora ben chiara, situato nei pressi di Andria, in Puglia. La data di inizio costruzione risale al 1240, anche se pure questa è motivo di discussione. Siamo nell’Italia invasa dai Longobardie dai Normanni: un dominio che influenza molto l’architettura contemporanea. L’imperatore Federico II ordina la costruzione ad un architetto, forse Lentini, ma non riesce a vederne il completamento che avviene poco oltre il 1250. Dopo il 1600 viene abbandonato e solo nel 1876, anno di acquisto da parte dello Stato italiano, viene avviata una complessa opera di restauro. Nel 1936 diventa monumento nazionale e nel 1996 arriva il riconoscimento dell’UNESCO, per la magistrale fusione in un’unico edificio di architetture occidentali e orientali.
Il Castello è a pianta ottagonale e su ogni spigolo è presente una torre. All’interno si trova un cortile, a cui si affacciano stanze trapezoidali. Si possono osservare tutti gli elementi architettonici caratteristici dell’epoca, tra bifore, trifore, scale a chiocciola, piccole e feritoie e molti altri. Al fascino dell’architettura si unisce il mistero sulla propria funzione: militare? Residenza di caccia? Rappresentanza? Forse non lo sapremo mai, ma la perfezione geometrica e la forma unica rimane un pregevole esempio di fortificazione dell’Italia meridionale. Castel del Monte è stato onorato rappresentandolo sul centesimo di euro italiano. Sinceramente, è difficile trovare qualcuno a cui piaccia avere in tasca questa sfortunata moneta, ma la prossima volta che la guarderemo avremo più rispetto per ciò che rappresenta: un gioiello medievale da mostrare al mondo.
Lucio Dalla è un personaggio dai molteplici volti: quello popolare delle canzoni a memoria e quello enigmatico e riflessivo. Si conosce molto bene il Dalla della prima categoria, quello che si sente alla radio e nei karaoke, ma con i mezzi di oggi è possibile conoscere facilmente anche i lati più profondi di quest’uomo che ha capito e cantato gli italiani, e che s’è fatto beffe delle contraddizioni di tutto un popolo.
Il pezzo che ascoltiamo oggi si chiama Passato e Presente, uscito nel 1973 nell’album “Il giorno aveva cinque teste“. La prima parte della canzone ci racconta il passato, con ritmi vivaci e testi da amarcord. Il cantare nostalgico finisce presto e veniamo proiettati in avanti, lontano da quei tempi.
Tocca al presente, serioso e irrazionale, descritto con un tocco che solo un matto come Dalla poteva regalarci. Quanti altri capolavori sottovalutati si nasconderanno tra un Lupo e un Caruso? A voi la conta..