L’origine popolare della cucina italiana trova conferma nella storia e negli ingredienti delle specialità locali che offrono le diverse regioni italiane. In Emilia-Romagna, tra le tante prelibatezze che offre questo regno del buon mangiare troviamo i turtléin . Nati come un mezzo gustoso per riciclare gli avanzi di carne, i tortellini sono stati creati dalle sapienti mani della lunga tradizione culinaria romagnola. Ci sono documenti che attestano la presenza di questo tipo di pasta nel Rinascimento, anche se il riconoscimento ufficiale è arrivato con gli scritti ottocenteschi del gastronomo Pellegrino Artusi. A livello territoriale, Modena e Bologna si sono contese a lungo la paternità della ricetta, anche se dopo aspri dibattiti la si è attribuita a Castelfranco Emilia, una città che sotto gli Este era in provincia di Bologna, ma che dopo il 1927 è passata in provincia di Modena.
La ricetta depositata tramite atto notarile impone che l’impasto sia a base di lonza di maiale, mortadella, prosciutto crudo e Parmigiano Reggiano. La sfoglia deve essere fatta con farina e uova, mentre il brodo deve essere fatto con carne di manzo, gallina ruspante, sedano, carote, cipolle e sale. Ufficialmente quindi i tortellini vanno in brodo. Chi è quindi che ha depositato questo atto notarile che vuole essere un manifesto a tutela di questo prezioso elemento della cucina locale? Dietro tutto ciò c’è la Dotta Confraternita del Tortellino.
«Chi altro se no?», direbbe qualcuno. La confraternita è stata fondata il 24 ottobre 1965 da Giovanni Poggi, un industriale con la passione per la cucina, assieme ad altri amici buongustai. All’inzio la Confraternita si era inserita nel dibattito per la difesa della “bolognesità” del tortellino, ma dopo la rifondazione del 1987 si è occupata della promozione di questa pasta organizzando convegni, tavole rotonde ed eventi come l’annuale Convivio di Primavera. La sede è, e non potrebbe essere altrove, presso un ristorante di Bologna.
Questa associazione di liberi cittadini è un esempio per tutte le realtà locali. Non resta quindi da informarsi su iniziative simili nella città di residenza e magari entrare a farne parte. Tutelare e diffondere la cultura della buona tavola è la chiave per far crescere in valore uno dei settori di punta del presente e del futuro per il nostro paese, l’agroalimentare.