Oggi parliamo di un dipinto nato dalla mano di uno dei più grandi pittori fiorentini a cavallo tra il Quattrocento e il Cinquecento: Sandro Botticelli. Quando l’artista mette mano sull’Adorazione dei Magi è ancora poco conosciuto nell’ambiente fiorentino perchè da pochi anni ha finito l’apprendistato e si è quindi messo in proprio. Il periodo in cui vive tuttavia è il periodo d’oro rinascimentale: i mecenati abbondano e le botteghe sfornano opere d’arte a ritmi vertiginosi. Nella Firenze di quegli anni, le Corporazioni sono associazioni molto potenti e influenti nell’economia nella politica della città.
Il committente dell’Adorazione dei Magi era un un sensale e cortigiano dei Medici appartenente all’Arte del Cambio, l’Arte maggiore che raggruppava chi praticava il deposito o il prestito del denaro. Proprio per compensare la cattiva considerazione per i banchieri da parte dell’opinione pubblica, non era raro che questi potenti uomini commissionassero opere agli artisti più in voga. Gaspare di Zanobi del Lama commissionò quindi quest’opera per la propria cappella funebre in Santa Maria Novella.
In questo dipinto, che si trova oggi agli Uffizi, Botticelli posiziona le figure sacre al centro e i profani ai lati scalati in prospettiva. Ai piedi della Madonna con il bambino, circondata dai Magi, si trova Cosimo il Vecchio con i suoi due figli, mentre dietro si trova Lorenzo il Magnifico. A destra, con il vestito azzurro troviamo il committente, mentre l’ultima figura in questa parte del quadro sembra essere proprio un autoritratto del Botticelli. Il pittore decide di rappresentare la scena attorno ad rovine antiche, dando ariosità al dipinto e mostrando notevoli capacità tecniche, che lo porteranno poi ad abbellire la Cappella Sistina un lustro dopo il completamento dell’opera che abbiamo trattato oggi, nel 1475 circa.
Chi è innamorato di Botticelli si ricorderà dell’altro quadro con lo stesso nome, che oggi si trova a nella National Gallery of Art di Washington, dipinto dopo essere tornato dalla fatica alla Sistina. Entrambi i quadri ci mostrano un Botticelli costante nel tempo la cui maestria continua a stupire, un artista che assimila e innova il carattere della pittura rinascimentale italiana regalandoci numerosi capolavori.